La parola "infinito" gli aveva sempre procurato una sensazione di orrore fisico. Se almeno si fosse potuto dividere l'esistenza in sezioni limitate allo spazio e al tempo presente, senza riverbero di echi del passato, né ansiose aspettative del tempo a venire! Fissò con maggiore intensità il suolo, finché non riuscì a facilitare le cose e tutto si ridusse a una macchia lucente. Ma allora un battito di palpebre, come un granello di sabbia, non poteva venire impoderabilmente spinto in basso dallo stesso elemento paralizzante? Ogni cosa era parte di uno stesso elemento. Non c'era parte di lui che non fosse derivata dalla terra e che non fosse destinata a ritornarvi. Egli era un'estensione animata della terra bruciata dal sole. Ma nemmeno ciò era del tutto vero. Sollevò la testa, si stropicciò gli occhi e accese un'altra volta la pipa. C'era una differenza, si disse, mentre soffiava fuori il fumo in una lunga colonna bianca che subito si ruppe e si dissolse. Era una differenza piccola, evidente  ed assurda, ma poiché era la sola differenza che in quel momento gli venisse in mente quella fu anche la sola spiegazione possibile che potesse trovare dell'essere vivo. La terra non sapeva di esistere, esisteva e basta. Perciò vivere significava soprattutto sapere di esser vivi, e la vita senza questa certezza era simile alla non esistenza. Per questo senza dubbio gli veniva fatto continuamente di domandarsi: sono realmente qui? Era naturale desiderare una tale assicurazione, provarne una disperata necessità. La pietra di paragone di ogni volta consisteva nel poter sempre rispondere, senza esitazione: "Sì". Non doveva siussistere un briciolo di dubbio. Una ivta doveva possedere tutte le qualità della terra dal cui derivava, più la consapevolezza di possederle. Lo intuì con perfetta chiarezza, in un ragionamento senza parole, una serie di idee che gli si susseguivano nella mente con la spontaneità della musica, la precisione della geometria. In qualche remota parte di se stesso stava esaminando la sua vita, con un telescopio rovesciato, vedendola nei più intimi dettagli, lontanissimima ma con tremenda chiarezza, e mentre guardava gli sembrò che ora ogni circostanza venisse contemplata nella sua prospettiva finale. Aveva sempre pensato, anche prima, che sebbene l'infanzia fosse ormai tanto lontana ci sarebbe stato un giorno, un avvenimento che gli avrebbe dato l'opportunità di vederla definita nelle sue angosciose delizie. Un giorno si era svegliato per accorgersi che la sua infanzia se n'era andata, era finita mentre lui non badava e i suoi elementi erano rimasti indefiniti, il suo disegno nebuloso, le sue armonie tutte insolute. Eppure si era sempre sentito legato ad ogni parte di essa da migliaia di fili invisibili; pensò di avere il potere di resuscitarla o trasformarla, semplicemente toccando quei segreti fili della memoria.