Marco Albino Ferrari

Da ovest a est, un interessante viaggio in alcune delle valli meno conosciute dell'arco alpino che consente di scoprire la sopravvivenza di una montagna con cui entrare in sintonia lontani dalle resse che ormai funestano le località più conosciute.
Tolte la testa (il volo) e la coda (l'orso) entrambe superdlue, restano cinque capitoli raccontati con passione e intessuti di riferimenti storici, sociali, etnologici che guardano alla vecchia società montanara e alla sua trasformazione nel corso degli ultimi decenni.… (meer)

Silenzi, domande, risposte, forse bugie.
Nel libro si racconta la storia di una donna unica, una donna che ha vissuto una vita singolare, assolutamente non conforme, una donna “sfortunata” nel suo porsi al di fuori della consuetudine, una donna che ha rifiutato categoricamente la consuetudine. Ma c’è anche il racconto di un figlio che “subisce” questa donna, un bambino che diventa adulto e che vive un’intera vita condizionata da una presenza molto ingombrante eppure profondamente amata. Una mamma singolare, il suo unico figlio.
Che cosa può trasmettere un racconto così particolare?
C’è una storia indiana in cui si paragonano i libri all’acqua: non hanno il potere di depositare ma quello di togliere lasciando ciò che c’è di profondo in chi legge, l’essenziale, il vero.
L’autore del libro fa emergere ricordi che arricchisce attingendo a documenti, diari, scritti. Non fa che dare voce a una volontà espressa in vita da una donna che probabilmente ha nascosto solo ciò che considerava banale, normale, senza valore.
Io cosa so? Cosa mi è stato raccontato? Cosa c’era dietro la quantità enorme di non detti. E poi: quante domande non ho fatto? Quante cose non so di questa donna singolare che ho conosciuto senza conoscerla veramente? Quante cose non so dell’amore che la legava a quell’uomo che la rese madre due volte per poi andarsene per sempre? Se tutti i lati oscuri vengono celati, rimossi, come si può recuperare la storia? Ma anche se avessi provato a domandare sarei riuscito ad ottenere risposte? Ma soprarattutto: sarei stato in grado di domandare? Il porre domande non è qualcosa che mette in discussione l’altro? Gi impone qualcosa, una coerenza, un’obiettività, che non sono affatto scontati. Gli impone di fare i conti con le proprie scelte, i propri errori, gli impone di giustificarli accettando di metterli in discussione, accettando di mettersi in discussione. Non sempre è possibile, non tutti sono disposti a farlo.
E allora cosa rimane? Un po’ di invidia per l’autore, per la sua “fortuna” di aver vissuto una vita singolare con una mamma davvero singolare. Il rimpianto di non poter più sapere, di non poter conoscere meglio coloro che ci hanno dato la vita, di averli persi per sempre come cenere sparsa nel vento.… (meer)