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Gianni Oliva

Auteur van I Savoia

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Bevat de naam: Gianni Oliva

Werken van Gianni Oliva

I Savoia (1998) 33 exemplaren
Storia di Torino (2014) 3 exemplaren
I seicento giorni di Salò (1996) 3 exemplaren
Umberto II. L'ultimo re (2000) 2 exemplaren

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Algemene kennis

Geboortedatum
1952
Geslacht
male
Nationaliteit
Italy
Land (voor op de kaart)
Italia
Geboorteplaats
Torino, Italy
Woonplaatsen
Torino, Italy

Leden

Besprekingen

E’ scritto bene, si legge in modo scorrevole nonostante sia un saggio, e porta a corredo un gran numero di immagini che, per l’argomento affrontato, testimoniano più di qualunque parola la portata di una tragedia italiana di cui si parla sempre troppo poco: il grande esodo degli italiani costretti a lasciare le loro case e le loro terre e diventare esuli, dopo la firma del Trattato di Pace che assegnava l’Istria, Fiume e le isole del Quarnaro all'allora Jugoslavia di Tito. Le foibe prima, i campi profughi subito dopo.

Il libro si intitola “Esuli” (Mondadori, Le Scie 2011, dall’anno successivo edito in Oscar Storia) e lo ha scritto Gianni Oliva. Leggendolo l’ho trovato un necessario completamento ad un altro bel lavoro di ricerca e divulgazione storica dello stesso autore di cui ho già parlato: “Foibe” (prima edizione Le Scie Mondadori, 2002; successivamente nelle edizioni Oscar Storia). D’altro canto Oliva è una garanzia quando parliamo delle vicende del confine orientale del dopoguerra: storico e giornalista, ricercatore accurato sulla nostra storia del Novecento, questo autore si è appassionato e ci ha appassionato nel comprendere e analizzare gli aspetti meno sondati del nostro passato, tra cui il tema delle foibe, dell’esodo istriano dalmata, dei complessi rapporti degli accordi che furono firmati tra l’Italia e la ex Jugoslavia di Tito.

Un libro da leggere soprattutto perché credo che la semplice celebrazione dell'annuale “Giornata del Ricordo” (10 febbraio) non basti alla coscienza nazionale per elaborare e comprendere la portata di un esodo che ha coinvolto oltre 300 mila tra uomini, donne, anziani e bambini, costringendoli ad abbandonare le proprie terre ed a rifugiarsi nei centri di raccolta profughi sparsi per la penisola. Colonne umane con le proprie masserizie accatastate su mezzi di fortuna diretti, in gran parte, verso un ignoto lontano dai luoghi natii, dai ricordi. Estirpati dalle loro radici.

Parliamo spesso di migrazioni forzate, lo facciamo sovente citando popolazioni di altri continenti. Ci sconvolgiamo di tali eventi, della loro portata, di quanto questi spostamenti di intere popolazioni siano poi capaci di influenzare la storia per decenni, così come di trasformare la geografia umana e sociale di intere nazioni. Paradossalmente però abbiamo dimenticato per anni fatti analoghi accaduti nel nostro Bel Paese, quasi che una malattia avesse offuscato la nostra capacità di ricordare e la rimozione fosse il rimedio ideale per ricominciare. Con l’organizzazione della Resistenza in Italia ed il 25 aprile, la nazione, disse Oliva in un’intervista su questo suo lavoro “si convince di aver vinto una guerra che di fatto ha perso, pesantemente. E la prova è sotto gli occhi di tutti. Basta prendere una carta geografica e visualizzare l’estensione dello Stato prima e dopo la guerra. La contrazione è evidente, l’Italia ha perso territori con i quali ha pagato la scelta di campo durante il conflitto. e 350 mila esuli ne sono la prova evidente, sotto gli occhi di tutti”. Negare la loro esistenza è stata quindi la conseguenza più logica. Questo libro è la medicina per riacquistare la memoria, ma è anche un vaccino per immunizzarsi da ogni altro tentativo di oblio così come fece, nel dopoguerra, una certa sinistra italiana ammiccante ad un comunismo dal volto umano di Tito, a fronte di una evidente realtà dittatoriale.

Gianni Oliva, che ci offre sempre uno snello preludio di inquadramento storico alle vicende raccontate (l'Impero Asburgico, Regno d'Italia, Grande Guerra e Seconda Guerra Mondiale), ci guida su un sentiero che ripercorre la vicenda degli italiani esuli nel suo insieme. Egli ci consente di capire meglio ciò che, nella realtà dei fatti determinati dalla guerra e nella frastagliata geografia di un'Italia sconfitta e costretta a pagar pegno con pezzi del suo territorio, stava realmente accadendo. Ma anche, così come succede nella lettura di “Foibe” (prima edizione Le Scie Mondadori, 2002; successivamente nelle edizioni Oscar Storia), ci permette di riflettere su quanto abbia influito nel creare quell’atmosfera d’odio che ci ha visto vittime, la assurda persecuzione della comunità slovena e croata operata dal regime fascista e il suo crudele tentativo di “slavizzazione” della regione dalmato-giuliana che ci mise allo stesso livello degli occupanti nazisti.

Dall'annessione dell'Istria e della Dalmazia, all'occupazione italo-tedesca della Jugoslavia (1941-43), dai bombardamenti alleati di Zara e di Fiume fino alla presa di Trieste nel 1945 da parte delle truppe di Tito e agli infoibamenti. Ed è solo in questo schema della narrazione che il saggio è veramente tale, perché già ci da l’idea che quell’esodo forzato, che stava per cambiare la vita a centinaia di migliaia di italiani, non era “un” solo esodo, ma tanti esodi che confluivano su un’unica strada. Ecco quindi che, nella seconda parte del suo libro, Oliva ci racconta delle partenze da Pola e dall'Istria, dello lo svuotamento dei villaggi, dei documenti relativi alle opzioni di nazionalità, degli incidenti di Trieste del 1953, della "slavizzazione" dell'Istria e della Dalmazia. Lo fa offrendoci molti dati che ci aiutano a valutare la reale entità di una tragedia umanitaria che aveva luogo in casa nostra, senza mai perdere il tema collettivo della perdita della memoria di chi è costretto a lasciare tutto, dimenticando la propria vita passata, soffrendo la scomparsa di riferimenti di un'intera comunità. Quella giuliano dalmata e istriana frantumata dunque, sparpagliata in un centinaio di campi profughi disseminati nella penisola, afflitti da sistemazioni precarie e fatiscenti, chiusi da cancelli e reticolati, circondati da altri italiani che, a loro volta impoveriti e talvolta inariditi dalla guerra, non sempre si mostravano sensibili ad un dramma che per loro era sinonimo di sconfitta e di ulteriori privazioni.

Utilissima anche la cronologia posta in coda, seguita da una ricca bibliografia. Il libro, nella cui prefazione già si accenna all’incontro avvenuto il 13 luglio 2010 tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed i presidenti di Slovenia e Croazia, si apre al futuro grazie ad una fotografia del concerto diretto da Riccardo Muti tenutosi proprio nell’occasione dell’incontro presidenziale, auspicio forse di una ormai necessaria ricomposizione delle diverse "memorie" nazionali, ma soprattutto di un recupero del nostro ricordo, unico vero strumento per dare dignità a italiani come noi che, in quei momenti così drammatici, hanno dovuto rinunciare ad un pezzo del loro futuro.
… (meer)
½
 
Gemarkeerd
Sagitta61 | 1 andere bespreking | Feb 11, 2024 |
Il 10 febbraio è il giorno in cui, nel 1947, fu firmato il Trattato di pace che assegnò l’Istria, Fiume e le isole del Quarnaro all'allora Jugoslavia. Circa cinquant'anni dopo, per votazione quasi unanime del Parlamento, fu istituita la “Giornata del Ricordo” per non dimenticare la tragedia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Dopo anni di silenzi imbarazzanti, l’Italia ha dato inizio ad un processo di sdoganamento di fatti storici che hanno lasciato profonde cicatrici in parte della popolazione italiana, un sanguinamento silenzioso che non è mai riuscito a coagulare in una coscienza nazionale condivisa. Anche oggi, trascorsi tanti anni da quegli eventi, il revisionismo storico che punta a ridimensionare ciò che accadde, se non il negazionismo stesso, attingono a piene mani dalla non conoscenza dei fatti.

Indispensabile dunque fare riferimento a fonti storiche documentate, soppesate, confrontate con rigore, come, ad esempio, questo “Foibe” di Gianni Oliva (prima edizione Le Scie Mondadori, 2002; successivamente nelle edizioni Oscar Storia), che nel suo inciso titola “le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria”. Gianni Oliva è un noto storico e giornalista, studioso attento del Novecento, che da molti anni si occupa degli aspetti meno approfonditi della nostra storia, ponendo particolare attenzione, ma per come scrive potrei dire passione, ai grandi nodi irrisolti del secondo dopoguerra. Tra questi ultimi vi si trova certamente il tema delle foibe, dell’esodo istriano dalmata, dei complessi rapporti degli accordi che furono firmati tra l’Italia e la ex Jugoslavia di Tito.

La sinossi del saggio già rivela che la scrittura è certamente adattata ad un compito divulgativo, pur mantenendo il necessario rigore storico nel racconto dei fatti, delle citazioni di date, luoghi e persone. Essa già ci aiuta a capire la reale portata di quella che non è esagerato definire tragedia umanitaria. Dopo la fine della guerra, esattamente tra il maggio ed il giugno 1945, migliaia di italiani della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia furono uccisi dall'esercito jugoslavo del maresciallo Tito. La strage colpì un numero tuttora indefinito di italiani. C’è chi parla di cinquemila, chi di ottomila, forse anche di più: cittadini prelevati dalle proprie case, uccisi senza processo, eliminati occultandone poi i corpi nelle “foibe”, cavità profonde fino a cento metri e larghe venti delle regioni carsiche. Molti altri sono invece deportati nei campi della Slovenia e della Croazia, dove muoiono di stenti e di malattie. Per non parlare poi dei circa trecentomila profughi, cittadini italiani che dopo il 1947 lasciano le loro terre d’origine, passate sotto sovranità jugoslava, e raggiungono la penisola, ospitati in un centinaio di campi di raccolta sparpagliati in tutte le regioni della penisola, persino in Sardegna.

Le stragi, ci racconta Oliva nel suo saggio, fanno parte di in una strategia politica mirata a colpire tutti coloro che si oppongono all'annessione delle terre contese alla nuova Jugoslavia: cadono in questo modo collaborazionisti e militi della Repubblica di Salò, ma anche membri dei comitati di liberazione nazionale, partigiani combattenti, comunisti contrari alle cessioni territoriali e cittadini comuni. Persone come noi. Uno degli esempi emblematici di ciò che accade è Norma Cossetto, studentessa poco più che ventenne dell’Università di Padova a un passo dalla Laurea. Fu violentata, trucidata e gettata nelle foibe nell’ottobre del 1943, per la sola colpa di essere la figlia di un funzionario fascista di basso livello. Ma non c’è solo Norma tra i visi che questo racconto fa emergere alla memoria, alla coscienza ed alla consapevolezza di chi lo legge, ci sono tanti altri nomi ed episodi oscuri di quegli anni. Nelle foibe ci finirono anche ragazzi e ragazze, bambini, persone comuni che nulla avevano a che fare con il potere e la politica della guerra, con il Fascismo o con il Comunismo, ma che da perfetti innocenti speravano solo in una vita normale.

Tutti vittime di una miscela letale in cui la storia ha mescolato e compresso la politica di italianizzazione forzata perseguita nel Ventennio fascista nell’Istria e nelle aree linguistiche miste del confine orientale (con la sistematica snazionalizzazione delle comunità slovena e croata e l'esasperazione degli antagonismi nazionali) con la politica espansionistica del maresciallo Tito e l’ambizione di annettere alla nuova Jugoslavia comunista la Dalmazia, l’Istria e Trieste.

C’è tra queste pagine, e ben lo si percepisce, il clima d'odio di quel periodo. Ma da perfetto storico Gianni Oliva non scrive per schierarsi, scrive per comprendere e farci comprendere le motivazioni di quella collera disumana e disumanizzante. Lo fa partendo dall’inizio, dai “quaranta giorni di Trieste” e, soprattutto, analizzando il fenomeno del “fascismo di confine” nel quale forse si colloca la genesi di quell’odio che innescherà tutte quelle uccisioni. Scrive, l’autore, supportato da contributi storiografici, fotografie, memorie di sopravvissuti e documenti rintracciati negli archivi statali. Li richiama in modo coinvolgente e convincente, ancor più quando affronta le foibe istriane del ‘43, l’“Operazione Nubifragio”, l’occupazione e l’amministrazione tedesca dal 1943 al 1945 e le sue violenze, come la Risiera di San Sabba, offrendoci un panorama completo e drammatico delle stragi avvenute in quella regione, smentendo con i fatti e le citazioni tutte quelle manipolazioni e ancor più quelle negazioni che, con distrazioni politiche talvolta compiacenti alla vicina Jugoslavia, per anni hanno cercato di cancellare questa dolorosa pagina di storia.

Per chi non sa cosa ha rappresentato l’incendio dell’Hotel Balkan (Narodni dom) a Trieste il 13 luglio 1920, e volutamente non lo racconto in questo mio suggerimento di lettura, questo “Foibe” di Gianni Oliva è il libro giusto per colmare una lacuna e quindi per capire. Per iniziare a comprendere. Per chi, invece, già conosce quei fatti, questa lettura è importante per non dimenticare chi non c’è più. Ma ancor di più per rammentare quanto l’uomo, la cui evoluzione darwiniana ha necessitato qualche milione di anni, impieghi un solo istante per rinunciare alla sua umanità.
… (meer)
½
 
Gemarkeerd
Sagitta61 | 2 andere besprekingen | Feb 10, 2024 |
I "cadaveri illustri" di piazzale Loreto, la giustizia sommaria del momento insurrezionale, le foibe giuliane e le deportazioni nei campi di concentramento jugoslavi. Quali ragioni, quali rancori, quali progetti determinarono l'incedere tumultuoso degli avvenimenti? In questo libro l'autore, basandosi anche sulla documentazione inedita degli archivi di stato britannici, affronta questo delicato argomento per aiutarci a comprendere un periodo esasperato e sofferto della nostra storia
 
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kikka62 | 1 andere bespreking | Mar 22, 2020 |

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