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Io non mi chiamo Miriam door Majgull…
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Io non mi chiamo Miriam (origineel 2014; editie 2018)

door Majgull Axelsson

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1086252,899 (3.93)Geen
De 85-jarige Miriam blikt terug op haar verdrongen verleden, waarin vooral haar kampervaringen tijdens de Tweede Wereldoorlog bepalend zijn geweest voor de rest van haar leven.
Lid:NewLibrary78
Titel:Io non mi chiamo Miriam
Auteurs:Majgull Axelsson
Info:RCS MediaGroup S.p.a, Paperback, 460 pages
Verzamelingen:Jouw bibliotheek, Aan het lezen
Waardering:
Trefwoorden:my-library

Informatie over het werk

Ik heet geen Miriam door Majgull Axelsson (2014)

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Mi ero ripromessa: mai più un testo sull'olocausto, mai più un film sull'olocausto. E per anni sono rimasta fedele alla mia decisione.
Poi mi capita un libro fra le mani in biblioteca, dopo che ne ho letto su L'Indice, ne ha fatto la recensione in tv la bravissima Michela Murgia, ne ho sentito parlare da un'amica.
L'ho letto e ancora sto soffrendo.
Perché ogni storia sullo sterminio nazista lascia esterrefatti, increduli, infuriati, addolorati, lacerati.
E questa storia, la storia di una ragazzina rom, raccontata da lei stessa ormai anziana, è a tratti straziante.

Axelsson è magistrale nel raccontare la vita di questa donna e la sua menzogna, a raccontarci una storia che pensavamo di conoscere ma che, in realtà, conosciamo solo parzialmente: la storia del popolo rom durante il regime nazista.

Una lettura scorrevole ma che lascia solchi profondi come la ruga di una ottantacinquenne. ( )
  LauraLaLunga | Feb 15, 2021 |
Stark berättelse om krigets och efterkrigstidens fasor för många människor. Tyvärr finns ju förtrycket kvar även i våra dagar. Vi möter hat och våld varje dag även i Sverige mot utsatta grupper som tex romer. Jag har så svårt att förstå vad all denna ondska kommer ifrån. Majgull Axelsson skriver på ett sätt som berör. ( )
  Mats_Sigfridsson | Jul 6, 2020 |
Se non per qualche mia difficoltà iniziale ad entrare in empatia con la storia e la scrittura, il libro si è rivelato molto toccante, duro a tratti, come credo purtroppo ci si debba aspettare da un libro che parla di deportazioni e campi di concentramento. Durante la festa del suo 85esimo compleanno Miriam non riesce più a nascondere il suo passato. Passato fatto di un’infanzia mancata, di una improvvisa enorme responsabilità, si ritroverà a fare non sola da sorella ma anche da madre a Didi. Poi arriveranno le umiliazioni, gli stenti, la fame e il freddo ma anche la grande solidarietà tra le altre prigioniere.
Miriam, deciderà di cambiare identità, ma non sarà una scelta consapevole ma dovuta alla situazione, nella speranza di poter passare, magari, inosservata e cosi sfuggire al massacro.
“..i nazisti odiano gli ebrei più di quanto odiassero gli zingari. E però gli altri prigionieri disprezzavano gli zingari più degli ebrei. Il fatto era che nessuno, a parte le puttane e i ladri, sembrava disprezzare gli ebrei, mentre tutti si permettevano di disprezzare gli zingari”
Conoscerà Else, a cui si legherà molto, a cui Miriam fino alla fine non svelerà il fatto di essere una rom e non un’ebrea. Segreto che non riuscirà a raccontare nemmeno a suo marito Olof e alla sua amata cognata Hanna.
Libro che mi resterà per sempre impresso per avermi fatto conoscere il dottor Josef Mengele, il quale viene menzionato nel libro per le atrocità, gli esperimenti che perpetrava soprattutto sui bambini. Era il medico delle caramelle rosse, con le quali catturava e conquistava i bambini per farne poi le sue cavie. Non riesco a raccontarvi cosa fece a Didi, perdonatemi. ( )
  Sally68 | Jun 11, 2018 |
Il coraggio di una scrittrice che ha scelto di affrontare congiuntamente in un’opera di fiction due temi, ciascuno di per sé, assai delicati, shoah e contestuale sterminio dei Rom, è certamente ammirevole. Ma l’esito è complessivamente deludente. Se, da un lato, non mancano sensibilità e delicatezza dall’altro abbondano anche le inverosimiglianze. L’autrice si è certamente documentata sulla vita nei lager con uno scrupolo che sconfina nella minuzia, ma alcune delle cose che ha poi inventato per costruire il suo racconto mi hanno lasciata interdetta. Esempio: il numero marchiato sul braccio della giovane rom Malika che viene da lei parzialmente e velocemente ‘grattato via’, per farlo coincidere con quello della deceduta Miriam con cui Malika intende sostituirsi, nella convinzione di un possibile migliore destino. Passi questo (anche se non ho mai sentito di un deportato che sia riuscito a cancellarsi il numero, o parte di esso, dal braccio), ma l’identità ebraica, che è notoriamente difficilissima da definire, è anche molto difficile da fingere. Il segno giallo sottratto alla vera Miriam non fa di Malika un’ebrea e infatti Malika non lo è mai né potrebbe esserlo. L’autore della post fazione al libro ha notato questa inverosimiglianza osservando che è strano che nel prosieguo della sua vita in Svezia, dove Malika continua a farsi passare per Miriam, nessuno si sia accorto, pur in una piccola città senza ebrei, che di ebraico la sedicente Miriam non aveva nulla se non il nome. A me pare assai più strano che nessuno se ne sia accorto ben prima, nel lager, in un ambiente in cui gli ebrei erano la stragrande maggioranza. Insomma c’è stata una certa faciloneria da parte dell’autrice, come se l’identità di ciascuno fosse un abito che si dismette e si indossa con disinvoltura, mentre, a mio avviso, ciascuno non può che essere quello che è, con la sua storia, la sua cultura e, ovviamente, la sua dignità. Si aggiunga a questo che la descrizione dell’orrore mi è parsa un po’ scolastica e comunque non è stata in grado di smuovere in me le corde più profonde. In definitiva, un racconto molto (e non impeccabilmente) costruito, ma quanto sentito? Sono arrivata alla fine con fatica e un certo fastidio. ( )
  Marghe48 | Aug 30, 2017 |
En omskakande berättelse om hur det var som invandrare, men även zigenare, att komma till Sverige efter andra världskriget. Oerhört gripande och får en att reflektera över dagens situation med immigrerade till Sverige.
  EbbaJ | Sep 13, 2016 |
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De 85-jarige Miriam blikt terug op haar verdrongen verleden, waarin vooral haar kampervaringen tijdens de Tweede Wereldoorlog bepalend zijn geweest voor de rest van haar leven.

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