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Azarel

door Károly Pap

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Translated by Paul Olchvary Before disappearing into a Nazi concentration camp in 1944, Pap was acclaimed as one of Hungary's finest writers. In this first English translation of his intense 1937 novel about a young Jewish boy's crisis of faith, this realistic and powerful work may at last claim the modern masterpiece status it so richly deserves. 'Its main merit is that of the superb quality of its language and of its psychic and even spiritual insights... The finest translation into English of any Hungarian book I know' - John Lukacs… (meer)
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"occhi di velluto" su ANOBII scrive: "Per comprendere il contesto storico e sociale dal quale prende avvio e si sviluppa la narrazione, occorre leggere prima l’interessante intervento di Köbányai, in appendice al libro. Questo perché il romanzo di Pap, sostanzialmente autobiografico, è fortemente incentrato sul profondo dissidio tra Ebrei ungheresi dell’assimilazione ed Ebrei ungheresi dell’ortodossia.
I primi erano fautori di riforme che permettessero alla religione di risultare compatibile con le esigenze di un mondo in evoluzione e nel quale desideravano integrarsi, i secondi non tolleravano di venir “contaminati” dalla realtà circostante e si rivolgevano ostinatamente alle più vecchie e rigide tradizioni.
Azarel, in ultima analisi, è il racconto di una lotta.
Una lotta impari e caparbia.
La lotta tra il piccolo Gyuri -l’infanzia rappresenta qui il candido, il puro di cuore- e il mondo ipocrita nel quale tornerà a vivere dopo la morte del nonno -mondo rappresentato soprattutto dalla famiglia e dagli insegnanti.
Il primo insegnante è stato nonno Geremia, uomo dalla fede caparbia e ossessiva, ultraortodosso cupo, rivolto ad un Israele ideale e immaginario nel quale si è rifugiato dacché parte della propria esistenza è stata sepolta assieme al ricordo dei figli che si sono allontanati da lui e dalla vecchia tradizione.
Nonno Geremia instilla in Gyuri una diffidenza e un'astiosità tali che, da un lato diventano esse il filtro di ogni nuova esperienza, dall'altro generano una profonda frattura tra lui e i genitori, dai quali si sente rifiutato, mal giudicato, valutato negativamente in ogni suo pensiero ed in ogni sua azione. Nel suo stesso essere, quindi.
D’altra parte il bambino interpreta la realtà che ha attorno con gli occhi del nonno, con gli occhi della diffidenza, della sfiducia e ogni risposta ai suoi interrogativi -quanti “Perché?” nel libro!- non fa che confermare idee o conclusioni preconcette, delle quali è già convinto, andando ad alimentare la feroce disillusione e le continue delusioni che lo caratterizzano.
La bellezza del libro è proprio qui: nella continua, ossessiva, ostinata lotta verso un mondo che il bambino vede troppo diverso da ciò che vorrebbe, incentrato su verità comode che non gli appartengono e modelli che rifiuta perché improntati all’ipocrisia e al conformismo.
La contrapposizione è resa molto bene anche con l’utilizzo, da parte dell’autore, del frequente parallelo tra i pensieri espressi -le parole rivolte a qualcuno- e quelli inespressi, ma urlati nella mente e nel cuore -le parole rivolte a se stesso. Molto efficace, in tal senso, il lavoro di chi ha tradotto.
Davvero profonde, poi, le capacità di analizzare l’animo infantile e la sensibilità dimostrate in questo caso da Pap, autore ungherese morto a Bergen-Belsen nel 1945.
Tre stelle abbondanti..."
  pecs | Jan 29, 2009 |
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Translated by Paul Olchvary Before disappearing into a Nazi concentration camp in 1944, Pap was acclaimed as one of Hungary's finest writers. In this first English translation of his intense 1937 novel about a young Jewish boy's crisis of faith, this realistic and powerful work may at last claim the modern masterpiece status it so richly deserves. 'Its main merit is that of the superb quality of its language and of its psychic and even spiritual insights... The finest translation into English of any Hungarian book I know' - John Lukacs

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