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La rivolta degli schiavi in Sicilia

door Diodorus Siculus

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La guerra degli schiavi esplose in Sicilia dopo sessant’anni di prosperità seguiti alla sconfitta dei Cartaginesi. Non si era mai vista una rivolta di schiavi così grande…" 2

Così comincia la sezione della Biblioteca storica di Diodoro Siculo dedicata al racconto della prima grande rivolta degli schiavi di Sicilia. Diodoro è la nostra fonte principale tanto sulla prima quanto sulla seconda rivolta degli schiavi di quell’isola. Egli aveva largamente attinto, peraltro, all’opera storica di Posidonio di Apamea3.

Dopo una breve introduzione all’argomento, Diodoro analizza a lungo le "cause" della rivolta, fornendo un’ampia descrizione delle condizioni in cui versavano gli schiavi di Sicilia. Sorvoliamo per il momento su questa parte del testo, riservandoci di esaminarla più avanti, e soffermiamoci per ora sul resoconto degli eventi.

Racconta Diodoro che un certo Damofilo, nativo di Enna – uomo ricchissimo e di modi superbi, proprietario di enormi latifondi e di numerose mandrie di bestiame – aveva alle sue dipendenze una grande quantità di schiavi e li trattava con insolenza:

"…Acquistato un gran numero di schiavi, li trattava con offensiva durezza, marchiando a fuoco il corpo di questi sventurati, che peraltro nel loro paese d’origine erano stati uomini liberi e facevano esperienza della condizione di schiavi perché caduti in prigionia. Alcuni li gettava, in ceppi, negli ergastoli, altri li utilizzava come pastori senza fornire loro né cibo né adeguate vesti." 4

Gli schiavi decisero di ribellarsi e chiesero consiglio a un certo Euno, uno schiavo siriaco originario di Apamea. Questi aveva fama di indovino e da qualche tempo andava dicendo che la divinità siriaca Atargatis, apparsagli in sogno, gli aveva preannunciato che egli sarebbe divenuto re:

"…Si recarono dunque da Euno (che era lì vicino) e gli chiesero se gli dei approvassero il loro progetto. Saputo il motivo per cui erano venuti da lui, si esibì in una delle sue scene di invasamento e rispose che gli dei approvavano la rivolta, purché si mettessero all’opera immediatamente: il fato aveva decretato che Enna, la cittadella dell’intera Sicilia, dovesse essere la loro patria." 5

Udito ciò, gli schiavi non indugiarono oltre. Dopo essersi raccolti in numero di quattrocento in un campo nei pressi di Enna, irruppero nottetempo nella città e fecero strage dei loro padroni. Diodoro descrive senza reticenze le terribili violenze degli schiavi:

"…Piombarono nelle case e compirono un massacro immane, non risparmiarono nemmeno i lattanti. Anzi li strappavano dai capezzoli e li fracassavano per terra. Le violenze e gli oltraggi che inflissero alle donne, sotto gli occhi dei loro uomini, è impossibile riferirli." 6

Anche Damofilo e sua moglie, Megallide, furono giustiziati. Euno fu eletto re, prese il nome di Antioco e chiamò Siri i ribelli:

"…Cinse un diadema, assunse gli altri distintivi della dignità regale, proclamò regina la donna con cui viveva – una siriana della sua stessa città -, costituì attorno a sé un consiglio composto da coloro che sembravano distinguersi per qualità intellettuali." 7

Nei giorni seguenti la rivolta si estese. Infatti Acheo, consigliere di Euno, riuscì ad armare oltre seimila schiavi, che si scontrarono più volte, con successo, con le forze dei Romani. Intanto un’altra rivolta di schiavi scoppiava ad Agrigento, sotto la guida di un certo Cleone, un Cilicio originario della regione del Tauro. Questa nuova schiera di circa cinquemila rivoltosi unì le proprie forze a quelle di Euno.

Anche molta gente del popolo, di condizione libera, cominciò a ribellarsi contro i ricchi e i potenti dell’isola, odiati per i loro privilegi. Il comportamento dei liberi fu però ben diverso da quello degli schiavi:

"…mentre gli schiavi ribelli si preoccupavano del futuro ed evitavano perciò di bruciare le ville dei signori o di saccheggiarne i beni e le provviste, e risparmiavano a ragion veduta i lavoratori impegnati nell’agricoltura, i popolani invece, spinti da quell’odio cieco di cui ho detto, quasi facendosi schermo della ribellione in atto, facevano vere e proprie sortite, saccheggiando provviste e incendiando ville." 8

I ribelli raggiunsero in breve tempo il numero di duecentomila. Non appena poi la notizia di questa rivolta si diffuse, scoppiarono altre ribellioni a Roma, nell’Attica, a Delo e in molte altre località; esse furono tuttavia represse in breve tempo.

In Sicilia invece la rivolta continuava ad estendersi e intere città cadevano nella mani dei ribelli. Molti eserciti furono sconfitti dai rivoltosi, fino a quando il console Rupilio non assediò e riconquistò ai Romani la città di Taormina,

"…Durante questo assedio, Rupilio strinse i ribelli in una morsa costringendoli alla fame e alla disperazione, spingendoli addirittura al cannibalismo: i ribelli cominciarono col mangiare i propri figli, poi passarono ai corpi delle loro donne, alla fine non si astennero dal mangiarsi tra loro." 9

La città cadde soltanto a seguito del tradimento di un siriaco, di nome Sarapione. Gli schiavi superstiti furono torturati e poi gettati giù dalle rupi.

L’esercito di Rupilio raggiunse poi Enna e la assediò. Anche questa città, che era stata il primo focolaio della ribellione, fu presa grazie ad un tradimento. Nel frattempo Cleone era morto eroicamente in battaglia. Euno fu catturato e morì poco dopo in carcere.

"… E uno fu imprigionato, ed il suo corpo fu divorato da una enorme massa di pidocchi. Così, a Morgantina, trovò una morte degna della sua ribalderia. Dopo di che Rupilio, battendo in lungo e in largo l’intera Sicilia, con ben pochi reparti, la ripulì completamente dal brigantaggio, e molto più rapidamente di quanto si potesse sperare." 10 ( )
  MareMagnum | Apr 22, 2006 |
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Diodorus SiculusAuteurprimaire auteuralle editiesbevestigd
Canfora, LucianoRedacteurSecundaire auteursommige editiesbevestigd

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