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A rediscovered Italian masterpiece chronicling the author's experience as an infantryman, newly translated and reissued to commemorate the centennial of World War I. Taking its place alongside works by Ernst JYnger, Robert Graves, and Erich Maria Remarque, Emilio Lussu's memoir is one of the most affecting accounts to come out of the First World War. A classic in Italy but virtually unknown in the English-speaking world, it reveals, in spare and detached prose, the almost farcical side of the war as seen by a Sardinian officer fighting the Austrian army on the Asiago plateau in northeastern Italy, the alpine front so poignantly evoked by Ernest Hemingway in A Farewell to Arms. For Lussu, June 1916 to July 1917 was a year of continuous assaults on impregnable trenches, absurd missions concocted by commanders full of patriotic rhetoric and vanity but lacking in tactical skill, and episodes often tragic and sometimes grotesque, where the incompetence of his own side was as dangerous as the attacks waged by the enemy. A rare firsthand account of the Italian front, Lussu's memoir succeeds in staging a fierce indictment of the futility of war in a dry, often ironic style that sets his tale wholly apart from the Western Front of Remarque and adds an astonishingly modern voice to the literature of the Great War.… (meer)
A volte leggo libri che non mi ispirano per nulla: Un anno sull'Altipiano rientra tra questi. A volte mi pento di non aver dato ascolto al mio fiuto di lettrice, mentre altre sono contenta di aver fatto il bastian contrario di me stessa, e con Un anno sull'Altipiano è andata proprio così.
Un anno sull'Altipiano è una cronaca autobiografica di ciò che è accaduto a Emilio Lussu sull'Altipiano di Asiago durante la Prima Guerra Mondiale, tra il giugno 1916 e il luglio 1917. Più volte nel corso del romanzo Lussu ci ricorda che sta riportando cosa è accaduto di notabile e che preferisce tacere invece di riempirci di vuote parole.
È difficile trovare buoni romanzi sulla guerra: troppo spesso sono esagerati con un sacco di dramma che vuole genericamente convincerti che la guerra è brutta e che tutt* dovremmo promuovere la pace. Sì, bene, clap, clap, peccato che queste sparate non rendano affatto l'idea (sempre che ci si possa fare un'idea di una situazione così estrema come la guerra).
Lussu invece racconta semplicemente dei fatti, senza enfatizzarli, perché è già tutto insensato, squallido e folle senza bisogno di rimarcare il concetto. Quindi Lussu ci racconta di uomini disperati che vanno avanti ad alcol e cioccolato, di ufficiali che hanno smarrito la loro lucidità e razionalità e di quanto sia difficile mantenere la propria umanità, ma di come questa ti colga all'improvviso, lasciandoti senza fiato.
Due parole infine per Avellini, protagonista di uno dei momenti più drammatici dell'intero romanzo. È una di quelle scene che vi si ficcano in testa e rimangono lì, a esemplificare un intero romanzo e un'intera catastrofe – quella della guerra.
Non è vero che l'istinto di conservazione sia una legge assoluta della vita. Vi sono dei momenti, in cui la vita pesa più dell'attesa della morte.( )
En Un año en el altiplano, Emilio Lussu rememora sus experiencias en el altiplano de Asiago desde junio de 1916 hasta julio de 1917, cuando, como miembro de la Brigada Sassari, combatió en el frente italo-austríaco durante la Primera Guerra Mundial.
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Alla fine maggio 1916, la mia brigata, reggimnti 399 e 400, stava ancora sul Carso.
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Il lettore non troverà, in questo libro, né il romanzo, né la storia. Sono ricordi personali, riordinati alla meglio e limitati ad un anno, fra i quattro di guerra ai quali ho preso parte. Io non ho raccontato che quello che ho visto e mi ha maggiormente colpito. Non alla fantasia ho fatto appello, ma alla mia memoria; e i miei compagni d’arme, anche attraverso qualche nome trasformato, riconosceranno facilmente uomini e fatti. Io mi sono spogliato anche della mia esperienza successiva e ho rievocato la guerra così come noi l’abbiamo realmente vissuta, con le idee e i sentimenti d’allora. Non si tratta quindi di un lavoro a tesi: esso vuole essere solo una testimonianza italiana della grande guerra. Non esistono, in Italia, come in Francia, in Germania o in Inghilterra, libri sulla guerra. E anche questo non sarebbe stato mai scritto, senza un periodo di riposo forzato. Clavadel-Davos
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A rediscovered Italian masterpiece chronicling the author's experience as an infantryman, newly translated and reissued to commemorate the centennial of World War I. Taking its place alongside works by Ernst JYnger, Robert Graves, and Erich Maria Remarque, Emilio Lussu's memoir is one of the most affecting accounts to come out of the First World War. A classic in Italy but virtually unknown in the English-speaking world, it reveals, in spare and detached prose, the almost farcical side of the war as seen by a Sardinian officer fighting the Austrian army on the Asiago plateau in northeastern Italy, the alpine front so poignantly evoked by Ernest Hemingway in A Farewell to Arms. For Lussu, June 1916 to July 1917 was a year of continuous assaults on impregnable trenches, absurd missions concocted by commanders full of patriotic rhetoric and vanity but lacking in tactical skill, and episodes often tragic and sometimes grotesque, where the incompetence of his own side was as dangerous as the attacks waged by the enemy. A rare firsthand account of the Italian front, Lussu's memoir succeeds in staging a fierce indictment of the futility of war in a dry, often ironic style that sets his tale wholly apart from the Western Front of Remarque and adds an astonishingly modern voice to the literature of the Great War.
Un anno sull'Altipiano è una cronaca autobiografica di ciò che è accaduto a Emilio Lussu sull'Altipiano di Asiago durante la Prima Guerra Mondiale, tra il giugno 1916 e il luglio 1917. Più volte nel corso del romanzo Lussu ci ricorda che sta riportando cosa è accaduto di notabile e che preferisce tacere invece di riempirci di vuote parole.
È difficile trovare buoni romanzi sulla guerra: troppo spesso sono esagerati con un sacco di dramma che vuole genericamente convincerti che la guerra è brutta e che tutt* dovremmo promuovere la pace. Sì, bene, clap, clap, peccato che queste sparate non rendano affatto l'idea (sempre che ci si possa fare un'idea di una situazione così estrema come la guerra).
Lussu invece racconta semplicemente dei fatti, senza enfatizzarli, perché è già tutto insensato, squallido e folle senza bisogno di rimarcare il concetto. Quindi Lussu ci racconta di uomini disperati che vanno avanti ad alcol e cioccolato, di ufficiali che hanno smarrito la loro lucidità e razionalità e di quanto sia difficile mantenere la propria umanità, ma di come questa ti colga all'improvviso, lasciandoti senza fiato.
Due parole infine per Avellini, protagonista di uno dei momenti più drammatici dell'intero romanzo. È una di quelle scene che vi si ficcano in testa e rimangono lì, a esemplificare un intero romanzo e un'intera catastrofe – quella della guerra.
Non è vero che l'istinto di conservazione sia una legge assoluta della vita. Vi sono dei momenti, in cui la vita pesa più dell'attesa della morte. ( )