Geppo e Nonna Abelarda rientrano nella tradizione di ogni buon fumettaro cresciuto negli anni 70. Era un periodo in cui le edicole erano piene di fumetti per tutti i generi: di guerra, erotici; il fumetto d’autore irrompeva violentemente nel panorama culturale italiano con riviste, anche di altissimo livello. E anche l’offerta per i più piccoli era eterogenea, a parte Topolino, che era chiaramente un must, ma che per l’età era quasi una lettura impegnata, i vari Geppo, Soldino, Tiramolla, Braccio di ferro erano i compagni di ore appassionate. La rilettura, a distanza di tantissimi anni, delle storie di Geppo, il diavolo buono e della terribile e tenace Nonna Abelarda, fanno tornare, anche con nostalgia, all’infanzia. La semplicità delle storie, chiaramente rivolte ad un pubblico poco più che infantile, è disarmante, ma la grazia dei racconti di Carpi, grandissimo autore del fumetto italiano, rimane attuale.

Recensione del 08 dicembre 2007
A saperlo che erano storie di Carpi! Che con Scarpa ricollega a tante straordinarie storie di Paperino. Con Geppo e Soldino ci sono noto, con Paperino ci sono cresciuto, per poi passare a Tex & C. Ora dobbiamo capire come e con chi invecchierò. Nel senso fumettistico, perché per il resto, come direbbe Giulio Cesare, il dado è tratto. Buoni sentimenti, storie semplici, da bambino per l’appunto, tratto e disegni elementari. Questi gli ingredienti per ottimi risultati. Non ricordavo nulla. Né Tobia, l’amico di Geppo, né che nonna Abelarda fosse la mentore di Soldino, re di Bancarotta. C’è bastato poco per fare un tuffo nel passato. Purtroppo remoto. ( )