Antonio Castronuovo
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La schedatura dei morbi librari si è finora ridotta a poche tipologie: l'amore illuminato ma stravagante della bibliofilia; la passione eccessiva della bibliomania; la debordante insania della bibliolatria; la psicosi conclamata della bibliofagia. Si tratta di quadri la cui condizione patologica affiora già solo nel porsi il quesito cardine sul primo grado, la bibliofilia: che senso ha affastellare libri che costituiscono un pesante problema di conservazione e pulizia? Che senso ha se ognuno di quei libri sarà toccato sì e no ogni quindici anni, in molti casi soltanto consultato e nemmeno letto? Atto vieppiù insensato se si osserva che non appena il collezionista passa a miglior vita, apatici eredi ne disperderanno la biblioteca.
E tuttavia, il cerchio delle potenzialità patologiche non si chiude con le citate, basilari tipologie. Ci sono decine di altri morbi: fenomeni curiosi, in qualche modo anche inquietanti o repellenti. Il compito che il libro si propone è di tentarne una prima enunciazione, ancorché sommaria. Non solo: siamo convinti che queste pagine possano concorrere a fondare la figura accademica del biblio-patologo, colui che studia le varie sindromi correlate alla fruizione del libro.
La definizione di bibliofilia che troviamo nelle enciclopedie novecentesche invita a reputarla un dolce piacere del vivere, un bonheur interamente votato ai libri. Ne cito una a caso: «L'amore illuminato e intelligente del libro, inteso come oggetto di umana civiltà, di bellezza, di rarità, di squisito diletto; il bibliofilo ama perciò, insieme al contenuto, l'eleganza della stampa, delle rilegature, e tutte quelle caratteristiche relative all'antichità, all'origine e alle vicende che possono rendere interessante un libro». La soavità del lemma e il dolce ductus della sua prosa nulla fanno sospettare quanto di morbosamente ossessivo ci sia tra le quinte, quale verminaio brulichi nel retroscena: un orizzonte di patimenti, affanni, spasmi e incubi. Un lazzaretto in cui qualcuno è andato a curiosare, ma senza fermarsi a ogni giaciglio. E allora vale la pena svelare le malattie ignote o poco indagate che negli ultimi tempi sono emerse all'attenzione, rendendo anche utile, addirittura conveniente, che chiunque frequenti i libri cominci ad avere dimestichezza con i propri malanni.
Un tema scottante è: bisogna vergognarsi della propria malattia? Eserciti di psicologi hanno studiato la questione in relazione ai casi del corpo. Ma come comportarsi se il morbo è librario? L'attrazione per i libri - in qualunque forma patologica s'avveri - è una condizione imbarazzante? Sembra di sì, visto che i contagiati, per una sorta di intimo rispetto nei riguardi del libro, sono persone che a fatica narrano piaceri e calamità della propria passione. Chi smania, che so, per la preparazione di manicaretti non esita a manifestare vittorie e insuccessi. Nel caso della seduzione esercitata dal libro, il fatto che sia oggetto morto ma fertile muove a occultare le liturgie morbose che l'amatore gli dedica, induce a tenere nascoste le umiliazioni o le soddisfazioni che se ne traggono.
Ragion per cui era necessario che qualcuno cominciasse a svelare lo sfaccettato cosmo dei morbi che affliggono chi ama i libri. Mi sono assunto quest'incarico, che non è - né mai sarà - compiuto. Troppa è la follia che si coagula attorno a quella cosa, amata e detestata, che si chiama libro.
(Dalla Premessa)… (meer)