Teo Ducci

E' notte e suona il campanello di casa nostra, i temuti uomini in divisa: "Siete ebrei venite con noi". Sono entrati in piena notte ribandoci il sonno, la nostra intimita', la nostra vita. "Auschwitz", questo e' il cartello attaccato a quel treno fatto di carri bestiame dove veniamo caricati, ammassati, stipati l'uno contro l'altro. Ad Auschwitz si aprono i vagoni, tutto in fretta, non c'e' tempo per pensare non c'e' tempo per salutare, mio padre, mia madre mia sorella non li rivedro' mai piu'. Qualcuno in baracca chiede cosa sono quei camini che bruciano di continuo, "sono mamma e papa' " risponde qualcuno. Oggi il magazzino degli averi ha raddoppiato la sua quantita' di indumenti, sono raddoppiati i trasporti, sono raddoppiate le uccisioni col gas, e si trova un Tallèt e ricordo. Rammento quando mio padre pregava con noi col suo scialle da preghiera, non ricordare, non ti dimenticare dove sei, non sei piu' un uomo sei un pezzo, sei un morto che ancora cammina. Gli Alleati, la liberta' , mi chiamano Signore. Ma quale Signor Teo, fino a ieri ero un pezzo ora mi chiamano per nome? Cosa sono diventato? Non riconosco piu' il vero valore del denaro, del cibo e del pane, non riconosco piu' la mia Firenze, sono sporco macilento imbruttito. Io sono Auschwitz, ed e' li, in quel luogo, tra quelle ceneri che mio padre col suo Tallèt prega per tutti, sia per i vivi che per i morti. (fonte: Libreria Universitaria)… (meer)