Michela Fusaschi

Non da ora, naturalmente, l’antropologia si interessa al corpo umano. Anzi, era proprio caratteristico dei “primitivi” intervenire sulla pelle, la carne, i denti, la forma e le dimensioni del cranio, dei piedi... in forma transitoria o anche irreversibile. Per marcare passi rituali, appartenenza “tribale”, o semplicemente emulare un dato canone di bellezza. Da quando piercing e tatuaggi (ma anche culturismo e altro) sono sbarcati in Occidente e, a quanto pare, per rimanere, gli interrogativi si sono moltiplicati. E non solo riguardanti il lato igienico-sanitario. Qui l’autrice riprende l’argomento corpo modulandolo in tre ambiti. Se le manipolazioni estreme rientrano in una «esperienza del margine», il culto del corpo giovane, alimentato con palestre, massaggi, cosmetici (e senza escludere una misurata dose di tatuaggi e piercing), rappresenta la tipologia della «norma» attuale. Il terzo ambito che l’autrice accosta è quello dei... migranti. Che mettono in gioco appunto il loro corpo, spesso in viaggi arrischiati ma anche come loro unico strumento “di produzione”. Il recente “decreto sicurezza” che allontana gli immigrati irregolari dagli ambulatori viene come a confermare, con un violento atto biopolitico, la giustezza dell’intuizione del libro.… (meer)