Sergio Valentini

Avvalendomi del diritto di ogni lettore ad abbandonare una lettura (terza regola di Pennac) a pagina 144 (di 271) ho deciso di abbandonare questo libro al suo destino, nello scaffale più alto, non potendo usarlo come combustibile (come faceva Pepe Carvalho) perché non ho la stufa a legna.
Si tratta di uno testo aneddotico e senza costrutto, scritto in una sorta di vernacolo romenescheggiante, persino con velleità satiriche qua e là. Né storia né divulgazione né giornalismo, ma una serqua di luoghi comuni e di bozzettistica di colore.
La prefazione del libro (di Walter Veltroni) parla di "… saggio storico, documentatissimo peraltro …" (chissà poi perché "peraltro", excusatio non petita?). Ma è stata evidentemente scritta da chi non lo ha neanche sfogliato (almeno spero).
Ne riporto una per tutte: una colorata descrizione del Natale del 1870 (pag. 88), non festeggiato nella sua ufficialità dal Pio IX, prigioniero degli Italiani, e malamente rinvigorito da iniziative della Governo Italiano e della Casa Savoia. La descrizione, comparsa sul Corriere della Sera di Milano, è esplicitamente citata nel testo. Peccato che il Corriere della Sera sia stato fondato nel 1876, cioè sei anni dopo. Notizia non difficile da recuperare, essendo riportata ancora oggi nella testata del giornale stesso.… (meer)