Sorretto da una buona intuizione (i giovani d’oggi somigliano più a Telemaco che a Edipo), la sviluppa in maniera ridondante e verbosa, appesantita da tutti i tic della scrittura di taglio psicanalitico (con l’aggiunta di ricorrenti citazioni cinematografiche per rendere il tutto più “pop”).
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Triangolazioni e riflessioni e due domande

Introdurre la figura di Telemaco per interpretare il rapporto tra figli e genitori nell'epoca attuale è senza dubbio la dimostrazione dell'inesauribile capacità del Mito nell'offrire spunti di riflessione e analisi.

E Recalcati è capace di usare il mito in modo sorprendente: Telemaco come protagonista attivo nella costruzione della propria personalità, un protagonista che non rescinde il rapporto con il proprio passato e le proprie origini ne se ne appropria in modo incondizionato ma lo interpreta scoprendo in questo modo la novità della propria unicità.

Il libro però contiene anche altri spunti di riflessione lasciati forse volutamente sullo sfondo.

Ad esempio, nel libro si riconduce il rapporto tra figli e genitori a un rapporto duale. Ma la famiglia è un luogo di triangolazioni e l'Altro-Altro (madre, nonno, fratello, vicino, ...) influisce non poco. Per quanto possa essere importante il rapporto diretto tra padre e figlio - Ulisse e Telemaco - l'influenza di Penelope non mi sembra che si possa ricondurre alla semplice giustificazione dell'assenza del padre. Recalcati fa riferimento a Lacan ("Lacan fonda il valore simbolico del Nome del Padre sulla parola della madre") ma la riflessione su questo tema si interrompe subito. Nell'assenza del padre è Penelope che manifestando il suo amore per il padre ne trasmette l'eredità. Non è forse l'amore della madre che permette a Telemaco di appropriarsi di ciò che Ulisse rappresenta per Penelope e che questa gli trasmette? Non è forse la riflessione speculare che l'Altro-Altro ne fa che rafforza l'immagine dell'assente e che ne rafforza il ruolo di riferimento? ( )