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La grande convergenza. Tecnologia informatica, web e nuova globalizzazione

door Richard Baldwin

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Onlangs toegevoegd doorVitaliSilvana, AntonioGallo
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"Globalizzazione" è una parola tanto antica, quanto moderna e futuribile, nel senso che è scritta nel nostro destino di uomini. Se le cose stanno così, essa va governata. Questa è l'opinione di un illustre economista che ritiene sia l'unico modo per far sì che possano essere salvati tutti i perdenti che finora la stessa globalizzazione ha creato.

Richard Baldwin, professore di Economia Internazionale al "Graduate Institute" di Ginevra, con un PhD al MIT, insegnamenti a Oxford, al MIT ed alla "Columbia Business School", consulenze alla Casa Bianca, ha svolto la XXXIV "Lettura" promossa dalla Società Editrice "Il Mulino" a Bologna nella sede dell'Università, sul tema "Il futuro della globalizzazione. Come prepararci al mondo di domani".
Alla presenza di un folto pubblico e con la partecipazione del Ministro dell'Economia e Finanze dell'attuale governo prof. Giovanni Tria, oltre quella del bolognese ex-presidente prof. Romano Prodi seduto al suo fianco in prima fila, il prof Baldwin ha svolto la sua relazione in lingua inglese, aiutato da una serie di slide dimostrative.

Una mattinata quanto mai interessante, a dimostrazione della civiltà culturale e sociale di una città come Bologna che conferma la sua fama, non solo di "grassa e di dotta", ma anche di grande ospitalità ed ingegno. Ingresso libero e gratuito per tutti, senza particolari difficoltà. La domanda che ci si deve porre quando parliamo di globalizzazione è quella riguardante la sua storia. Se diamo uno sguardo al libro, l'economista prof. Baldwin intravede nel suo sviluppo cinque momenti che diventano capitoli: la sua storia, la narrazione, i cambiamenti, la sua importanza e le prospettive per il futuro. La prima cosa da fare è quella di smettere di pensare che la globalizzazione abbia un significato fisso nel tempo. Se inizialmente essa ha interessato il settore agricolo e l'industria manufatturiera con i loro beni fisici legati al commercio, oggi riguarda la grande area del settore dei servizi, anche con alta specializzazione e con interazione faccia faccia.

La tecnologia digitale crea nuove alternative. Queste conducono ad una internalizzazione tramite il lavoro remoto, detto tele-migrazione. Molte persone lavorano in ufficio e non hanno mai affrontato una competizione di natura internazionale. Questo significa che è necessaria una riqualificazione di persone che devono fare cose nuove e in maniera diversa. Bisogna, inoltre, capire che la globalizzazione esiste da sempre, da oltre duecentomila anni, tanti anni quanti quelli quando apparvero gli esseri umani da qualche parte in Africa.

Nella prima fase ci fu la umanizzazione del pianeta. L'uomo si fece cacciatore, agricoltore, abitatore di luoghi diversi. Dodicimila anni fa vennero create le città e poi le civiltà. In queste due fasi il commercio dei beni fisici esisteva, ma non era importante. Nella terza fase ci fu la rivoluzione del vapore che ridusse i costi del trasporto dei prodotti. Nella fase successiva ebbe inizio la rivoluzione ICT, tecnologie dell'informazione e comunicazione. Si abbassarono i costi di trasporto delle idee e caddero le grandi distanze.

I lavori manufatturieri vennero delocalizzati provocando un forte trauma nelle nazioni ricche, ma si generò una rapida crescita in diverse nazioni in via di sviluppo, sia in Europa centrale che in Estremo Oriente e America Centrale. La vecchia globalizzazione, la fase tre, provocò uno "spacchettamento", una separazione fisica della produzione dei beni dal loro consumo. Il secondo e la quarta fase, la separazione e la delocalizzazione delle industrie. Il primo, lo spacchettamento, ha cambiato il mondo profondamente, "la grande divergenza", un mondo in cui c'erano nazioni molto ricche, ma altre e di più, molto povere. Il secondo, la delocalizzazione, ha fatto sì che un piccolo gruppo di nazioni, prima povere, si industrializzasse e crescesse molto velocemente. "La grande convergenza", appunto. Il titolo del libro. La quota di reddito mondiale delle nazioni ricche è caduta dai due terzi della fine degli anni ottanta a meno della metà, oggi, causando trasformazioni economiche che hanno costretto moltissime persone a spostarsi nelle città spezzando comunità, crendo insicurezza.

La globalizzazione apre una nazione a maggiori opportunità apportando competizione e progresso a coloro i quali ne sanno approfittare. I meno competitivi soccombono. Verso la fine del libro l'autore accenna ad un futuro possibile ma non dice quale e come sarà il mondo che ci aspetta. Si dichiara ottimista e su quello che potrà accadere preannuncia che lo dirà in un suo prossimo libro che uscirà a gennaio del prossimo anno.

Questo prova quanto detto all'inizio del post: la globalizzazione non è una parola finita. E' un processo, un divenire, al quale gli uomini non potranno mai sfuggire se non cercando di adattarsi nel modo migliore, tentando di salvare almeno una parte di quelli che finora sono stati i "perdenti". Questi, ultimi, temo, (e questo è un mio modesto giudizio), non mancheranno mai. Purtroppo! ( )
  AntonioGallo | Oct 9, 2019 |
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