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Libri proibiti : da Gutenberg all'Encyclopédie (1999)

door Mario Infelise

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Questo saggio offre una sintetica panoramica della censura sui libri in Europa tra Cinquecento e Settecento. Dalle prime preoccupazioni di controllo sui libri a stampa, nuovo e dirompente mezzo di comunicazione, all'organizzazione di un vero e proprio sistema di sorveglianza, stimolata principalmente dalle lotte religiose scaturite dalla riforma protestante, al progressivo rilassamento delle restrizioni nel Seicento e nel Settecento, fino alla comparsa dell'idea della libertà di stampa a fine Settecento: il saggio illustra tali sviluppi nell'arco di questi tre secoli. Non dà una descrizione completa e sistematica del fenomeno, ma si concentra su alcuni attori e paesi significativi: quindi principalmente la chiesa cattolica, e la situazione e le vicende di censure e proibizioni in Italia, Spagna, Francia, mentre molto meno spazio è dedicato ai paesi protestanti. Riesce però a presentare efficacemente gli aspetti salienti dell'attività di sorveglianza e censura in questo periodo: l'impulso repressivo della chiesa cattolica, gli incroci e i conflitti di competenza che ebbe con gli stati, gli indici dei libri proibiti, i divieti e le espurgazioni, i problemi nell'applicazione pratica dei controlli, gli effetti sul commercio librario e sulla cultura, gli espedienti per aggirare le proibizioni, le stesse contraddizioni delle operazioni censorie che divennero via via più evidenti nel corso del tempo. Il tutto con attenzione alle sfumature, e un equilibrio che nasce da un corretto distacco dalle vicende analizzate, senza minimizzare il peso della repressione e senza lasciarsi andare a condannarla in modo antistorico.
Dopotutto un tempo tutti o quasi pensavano che qualche forma di controllo sulle pubblicazioni fosse necessaria ed opportuna, mentre l'idea della libertà di stampa, e più in generale di espressione, è moderna. "Il quadro entro il quale la libertà di espressione può essere esercitata... tende a configurarsi in maniera sempre nuova, a seconda dell'evolversi delle tecnologie dell'informazione, in funzione dei sistemi istituzionali e di esigenze di carattere sociale", osserva l'autore, e continua: "...non esiste potere che possa permettersi di rimanere indifferente alle opinioni dei governati al punto di astenersi del tutto dal proposito di influire su di esse". Noi oggi diamo la libertà di stampa per scontata, ma non dappertutto è così, e comunque il controllo sulla circolazione di informazioni e idee può avvenire anche in modi più sottili e più subdoli che non attraverso divieti e proibizioni. E questo è vero più che mai oggi con la rete, che in teoria ci mette in grado di comunicare all'istante con chiunque ci piaccia ovunque sia e in qualunque momento a proposito di qualunque argomento, ma si presta ad essere uno strumento di sorveglianza, controllo e manipolazione più potente di qualunque altro sia mai esistito sinora. E i suoi padroni non sono solo i vari poteri politici, ma anche, e forse soprattutto, quel piccolissimo gruppo di enormi imprese monopolistiche e sostanzialmente irresponsabili che sono riuscite a consolidare il loro dominio della rete, che sanno una quantità enorme di cose su un numero enorme di persone e hanno un'influenza sempre più profonda sulla vita di tutti noi. ( )
  Oct326 | Jun 17, 2017 |
I secoli bui non furono quelli del Medioevo ma quelli compresi fra il Concilio di Trento (metà del '500, in pieno Rinascimento) e la Rivoluzione francese, la cui ghigliottina risolse radicalmente alcune discussioni secolari, per esempio sulla natura divina di certi poteri temporali.
Questo libro, sintetico ed interessante, è dedicato ad un argomento poco trattato fuori dalla cerchia degli addetti e purtroppo poco noto, mentre invece è essenziale per cogliere il ruolo di governo svolto, fin nei minimi dettagli inquisitori, da un potere occhiuto e pervasivo come quello sostanziato dalla Congregazione della Santa Inquisizione e da quella dell'Indice dei Libri Proibiti, responsabili dell'impoverimento e dell'isolamento culturale italiano (in particolare) per un periodo lunghissimo.
Da non sottovalutare la controversia sulla questione giurisdizionale inerente la censura, che contrappose questo potere a quello dei singoli Stati e dei Sovrani vari. Sia chiaro, però, che non trattavasi di amore per la libertà (di parola e di stampa: per questo bisognò aspettare la seconda metà del '700) ma piuttosto la difesa dei propri privilegi giurisdizionali (Più o meno: "Che la Chiesa badi alla sole pubblicazioni inerenti la religione. Per le altre ci pensiamo da soli") oppure - ancora più chiaramente - dei propri interessi economici (Venezia, in primis, piena di tipografi/editori).
In Francia ci fu un caso interessante (ed emblematico) sulla questione perché si contrapposero alla Chiesa sia i Teologi dell'Università della Sorbona, avocando a sé il "dovere" di giudicare e costruire il proprio indice, sia il Parlamento di Parigi, che aveva funzioni esecutive per tutto il Regno, quindi anche di polizia, sia la Corona, che riteneva il controllo della stampa un problema specificamente suo. Ognuno per sé, quindi, e nessuno a far davvero il proprio lavoro, con amplissimo beneficio dei tipografi e dei lettori, perché in quel bailamme per un secolo praticamente nessuno lì controllò niente.
Le "giurisdizioni" furono concettualmente ed operativamente superate solo con l'invenzione dello Stato da parte di Napoleone ma poi, ohimè, furono più o meno reintrodotte con la restaurazione ed oggi, abolitissime, ancora perdurano nei privilegi di casta, nelle difese corporative, nei privilegi ecclesiastici (da un "loro" diritto ad essere esentati dalla magistratura ordinaria, alle scuole paritarie, alle salvaguardie fiscali ...)
E' anche capitato (la classe non è acqua, come si diceva una volta) che ci fosse una certa distanza fra i capi ed i responsabili nazionali delle strutture censorie, spesso molto colti ed illuminati (l'Indice non valeva proprio per tutti, malgrado gli sforzi di Roma) e la forza bruta dei funzionari periferici che "si limitavano ad applicare le norme", cioè ad eseguire gli ordini. Fenomeno tipico degli stato i totalitari. Noterella: fra i colti e gli illuminati ci metterei anche due Censori ufficiali del Sant'Uffizio in Spagna: Lope de Vega e Calderòn de la Barca, i quali, oltre che segnalare i "cattivi" si curavano anche di fare una forma di critica letteraria sulla qualità degli scritti, con apprezzamenti di merito.
Complessivamente, malgrado le strida roboanti, non ci furono molti processi dedicato al "possesso" di materiali librari proibito (tra l'1 ed il 5% più o meno, complessivamente, nella grande quantità di processi inquisitori sulle eresie e sulle "magie"). Ma ce ne furono moltissimi in cui c'era, in aggiunta ad accuse tremendissime di eresia o di stregoneria, anche quella di possesso di materiale proibito, il che funzionava come aggravante.
Le varie stesure dell'Indice dei Libri proibiti (più o meno esasperate) hanno comunque funzionato tutte come strumenti assai pericolosi nelle mani dei difensori più retrivi della sacralità del potere, fino a spingere la Congregazione del Sant'Ufficio, ritenendosi depositaria delle Verità di Fede, contro le posizioni papali di timida apertura (Clemente VIII) e, per converso, alcuni Vescovi importanti (per es. Carlo Borromeo) a spendersi in prima persona per difendere l'approccio conciliare (sempre Trento!) contro l'accentramento curiale ed il dispotismo vaticano (e papale).
Il mondo ha tentato di andare avanti lo stesso, inventando i "colportori" (cioè gli spacciatori di letteratura) che per un paio di secoli hanno scorrazzato per l'Europa, rifornendo della propria merce preziosa (soprattutto quella stampata a Ginevra e a Zurigo, fuori degli sguardi papalini) tutti i cittadini vogliosi di non restare troppo isolati. Era un lavoro assai rischioso: anche nel "tollerante" Ducato di Savoia vendere una Bibbia era un reato piuttosto grave, punito con almeno 10 anni di galera. L'unica soddisfazione fu che un colportore evangelico, probabilmente valdese, pare sia stato il secondo a passare la Breccia di Porta Pia impugnando un fucile nella mano destra ed una Bibbia in quella sinistra, a dimostrare la sua battaglia anche armata contro la "Babilonia che regna a Roma".
Un'ultima osservazione sul Concilio di Trento, ben noto ma - fuori dalla cerchia degli storici - non abbastanza conosciuto e studiato, perché si tratta di un avvenimento di enorme rilevanza per l'Europa intera: le decisioni prese in quel contesto hanno avuto (ed hanno ancora) effetti devastanti nella vita quotidiana dei cittadini europei (e italiani in particolare). Effetti ben più significativi - per esempio - di quelli della scoperta dell'America (che per secoli fu importante solo per le casse di alcuni imperi e poi per l'emigrazione che garantì). Per dirne una, tra le tante cose decise a Trento: il matrimonio religioso (compreso il comportamento sessuale), di cui prima non c'è praticamente traccia di regolamentazione, che ha imposto regole di vita stringenti a milioni di persone.
Qui sembra che stiamo parlando di letteratura. E invece parliamo di libertà. ( )
2 stem ddejaco | Jul 31, 2014 |
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Tacito racconta che al tempo di Tiberio imperatore Cremuzio Cordo fu accusato di un delitto nuovo e inaudito (novum ac tunc auditum crimen). Aveva pubblicato scritti in cui esprimeva il rimpianto verso le antiche virtù repubblicane e aveva definito Cassio l'ultimo dei romani. A nulla valse la ferma difesa dello scrittore della libertà di parola, poiché il Senato decretò che i suoi libri fossero dati alle fiamme.
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Per secoli ancora, fino alla vigilia della Rivoluzione francese, la convinzione che la pubblicazione di un libro non dovesse essere libera fu ovvia e generalizzata. Si poteva semmai discutere sui modi con cui il censore doveva operare.
Si stima che almeno la metà dei processi di Inquisizione abbia qualche relazione con la presenza di testi scritti o con la loro lettura.
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