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Bezig met laden... I racconti di guerradoor Mario Rigoni Stern
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Era una mattina come questa, molto fredda, e con la brina che ogni giorno ingrossa i rami dei larici e degli abeti così da farli apparire come dei fantastici alberi di Natale. (35)
Alle sei di quella mattina le nostre striminzite colonne si misero in cammino contro la Grecia. Pioveva a dirotto, gli scarponi sprofondavano nel fango, gli automezzi e i muli proseguivano con grande fatica. E questo mentre a Firenze Mussolini e Ciano a colloquio con Hitler attendevano notizie di esaltante avanzata. (163)
Quando venne sera accendemmo i lumi a nafta e il treno penetrò nella notte del Nord passando foreste d’abeti curvati dalla neve per lande battute dal libero vento, sfiorando villaggi addormentati, portanto nel suo ventre uomini giovani e stranieri che andavano alla guerra. (228)
Il sole rinchiuso nel Picolit aveva sciolto ogni inverno; così, invece di ricordare le canzoni della naia gli recitai alcuni versi di Giacomo Noventa: “Un fià de vin bevùo tra amici, / Un fià de vin, / E ancora un fià de vin, amici, / No’ xè miga massa”. (237)
Ancora un passo. Non fatemi inciampare nei corpi di pietra dei compagni: fatemi arrivare in un luogo senza più guerre. (300)
… e in quel momento mi accorsi che le betulle nel bosco lì davanti al mio sguardo aprivano i rami primaverili a un tenerissimo verde senza l’ordine di nessuno. (472)
Il Lager avrebbe dovuto restare dietro le spalle, lontano; in una landa della Polonia. …
Camminavo da centinaia di chilometri e attorno restavano sempre queste cose: mi attorniavano come un abito. Reali, non di impressioni o di aria, e non riuscivo a liberarmene. …
La neve di queste ultime montagne, che avrebbero dovuto essere le mie, era ancora neve di steppa. (542)
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